Rapporto immigrazione 2015
RAPPORTO IMMIGRAZIONE CARITAS-MIGRANTES 2015
Contributo Emilia Romagna
Redattori: Luciano Marzi (Caritas diocesana di Rimini), Roberto Ravaioli (Migrantes di Forlì-Bertinoro)
Hanno partecipato le Diocesi di:
Rimini (Caritas-Migrantes)
San Marino-Montefeltro (Caritas)
Forlì-Bertinoro (Caritas-Migrantes)
Faenza-Modigliana (Caritas)
Carpi (Migrantes)
Reggio Emilia (Caritas-Migrantes)
Parma (Caritas-Migrantes)
Piacenza-Bobbio (Caritas-Migrantes)
L’esistenza di ogni uomo è plasmata continuamente da incontri, esperienze, dalla capacità di lasciarsi coinvolgere nelle relazioni che scandiscono tutti i momenti della vita, da un atteggiamento di curiosità e di conoscenza verso ciò che appare diverso o inconsueto. La storia dell’uomo, del resto, è il risultato di un susseguirsi di incontri tra popoli e culture, con una continua trasformazione, assimilazione, rimescolamento, reciproca influenza. Negare, o semplicemente volersi opporre a questo dato di fatto, è disconoscere la realtà umana, nonché la sua storia. Ciò risulta ancor più evidente se letto con gli occhi del credente, che ha come riferimento il Vangelo, gli insegnamenti del magistero, l’anelito alla comunione universale, alla comune identità tra fratelli, a una visione di “umanità universale”; da questi espetti valoriali fondamentali discendono la spinta missionaria da un lato e l’apertura alla comunione dall’altro.
Questi presupposti segnano il cammino delle nostre comunità e l’operato di Caritas e Migrantes diocesane che parte da una capacità di lettura dell’oggi, con le sue contraddizioni, complessità, paure, difficoltà economiche, strumentalizzazioni, con la chiara consapevolezza che il processo, a volte accelerato e forzato del confronto tra culture, è un dato irreversibile, se non necessario.
Capacità di lettura dell’oggi che si accompagna, necessariamente, a una capacità di lettura del territorio, delle numerose e nuove presenze, sempre più significative e problematiche, perché pongono interrogativi, rimettono in discussione le nostre abitudini, mettono alla prova la nostra fede e la nostra credibilità.
In questi ultimi decenni – ancor più con l’inizio del nuovo millennio – abbiamo visto un mondo entrare nelle nostre case e, di fronte all’assenza di una politica efficace per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti, le varie chiese locali hanno saputo trovare e sperimentare una pluralità di soluzioni che si sono via via trasformate in azione diffusa e condivisa, anche se caratterizzata inizialmente da una scarsa visione di insieme e da un’insita fragilità. In questo modo, sono fiorite iniziative di ogni tipo: corsi di lingua italiana, doposcuola per i figli di immigrati, attività sportive e ludiche, percorsi formativi per le donne, progetti per l’inclusione lavorativa e abitativa, il servizio civile volontario, promossi da cooperative, associazioni di volontariato, gruppi di insegnanti, centri di aggregazione, ecc., sono la dimostrazione di una diffusa voglia e capacità di accoglienza dal basso e di cittadinanza attiva. Tante le iniziative parrocchiali, altrettanto fondamentali, per l’animazione dei più giovani: oratori, centri estivi e centri sportivi. Si è sperimentato, prima ancora che un incontro tra culture diverse, un incontro tra persone di diversa cultura, cercando di interpretare i segni di un cambiamento che incominciava a interpellarci nel profondo della nostra identità, delle nostre convinzioni, della nostra fede. Un evoluzione lenta e inesorabile nel nostro modo di concepire la diversità, probabilmente la “leva umana” più efficace nello smantellare il nostro abitudinario modo di pensare, di vivere e di essere.
La crisi economica, inoltre, sta trasformando e ridisegnando la società, complice l’accresciuta ineguaglianza tra i suoi membri. L’integrazione è stato un processo pluridirezionale, non solo egemonia di una cultura che accoglie e ingloba le altre, ma anche capacità di noi stessi nell’accettare una società che cambia con una forza che travalica ogni tentativo di respingimento, di esclusione, di isolamento. Un cambiamento che si alimenta in modo virale attraverso l’incontro diretto tra le persone, quotidiano, a volte scomodo a volte positivo, che parte dai bisogni fondamentali: istruzione, lavoro, abitazione, salute, affetti.
Ferme di fronte a timori, luoghi comuni, ignoranza, pregiudizi, senza accontentarsi di dotte ma a volte faziose spiegazioni offerte da esperti di varie discipline umane, convinte dell’effetto dirompente delle azioni concrete in grado di modificare in modo significativo la realtà umana, più della dialettica o delle analisi teoriche, Caritas e Migrantes hanno promosso un cammino concreto volto alla costruzione di una società educante e inclusiva, attraverso occasioni di convivenza, spazi di solidarietà, pratiche di cittadinanza attiva, luoghi di condivisione e prossimità. Ne sono dimostrazione le varie esperienze diocesane della Regione, diversamente articolate ma ciascuna ricca di umanità concreta che si fa, prima ancora di essere espressione confessionale, testimonianza civica; segni e opere frutto della capacità di osservazione della realtà sociale di un territorio e dei suoi bisogni, avendo attenzione riguardo a situazioni di emarginazione e nel creare occasioni di scambio e di reciproca “contaminazione”.
In questa dimensione si colloca l’esperienza della Diocesi di Carpi che si concentra alla cura pastorale della comunità Sinti, alla famiglie dello spettacolo viaggiante, ai migranti presenti sul territorio, attraverso una proposta che abbraccia da un lato l’attività liturgica e la catechesi, mentre dall’altro si preoccupa di coinvolgere la cittadinanza e le istituzioni, in un ottica di comprensione e valorizzazione di queste minoranze nonché di promozione del dialogo e dell’incontro tra gruppi con diverse caratteristiche identitarie. L’attività mira a favorire nella comunità cristiana un’informazione corretta sul fenomeno migratorio, un generale atteggiamento di apertura e incontro, opere di fraterna accoglienza, per stimolare la comprensione e la valorizzazione dell’identità dei fedeli interessati alla proposta pastorale della Migrantes. La collaborazione con la Caritas diocesana e alcune Amministrazioni del territorio, sostenuta attraverso l’organismo della “Consulta delle Terre d’Argine”, ha generato iniziative culturali e di sensibilizzazione sul tema dell’immigrazione e dell’integrazione, oltre a iniziative concrete di sostegno ai migranti, tra cui una serie di incontri rivolti alle comunità straniere, con il coinvolgimento dell’ASL di Carpi, finalizzati a diffondere la conoscenza e il corretto uso delle strutture sanitarie.
Nel declinare il tema “intercultura”, la Diocesi di Piacenza Bobbio ha indicato tre direttive principali: approfondimento, sensibilizzazione, animazione.
Cogliendo lo spirito del Giubileo della Misericordia e l’importanza dell’accoglienza del forestiero, le comunità straniere sono state invitate a partecipare a un’occasione di festa, testimonianza, musica e ballo in occasione della “Giornata mondiale del migrante e del rifugiato”. Il coinvolgimento delle comunità straniere è alla base anche del percorso di mondialità consapevole “Fino alla fine del Mondo”, realizzato in collaborazione con l’Università Cattolica, l’ONG “Africa Mission – Cooperazione & Sviluppo” e altre associazioni locali. Sul versante del dialogo interreligioso, la “Giornata della salvaguardia del creato”, promossa ogni anno dalle chiese cattolica, evangelica metodista e ortodossa presenti in città, offre un’occasione di fraternità nella preghiera e nella festa oltre che di approfondimento su argomenti specifici affrontati partendo dal punto di vista delle differenti confessioni. Inoltre, da ormai quattordici anni, la Caritas diocesana piacentina svolge un’attività di animazione e formazione nelle scuole con particolare attenzione al tema della relazione con persone di diversa provenienza geografica e culturale.
La Diocesi di San Marino-Montefeltro ha inteso condurre la propria attività in ambito interculturale prendendo le mosse dal tema dei profughi e dedicandosi alla sensibilizzazione e all’informazione sul fenomeno migratorio. Attraverso il coinvolgimento e la testimonianza diretta delle persone beneficiarie dei progetti di accoglienza afferenti alla Caritas, sono stati incontrati gruppi di catechismo, gruppi parrocchiali, giovani Scout e di Azione Cattolica, oltre ad alcune classi di scuola media superiore. Il lavoro quotidiano a stretto contatto con i migranti è stato il tema di un seminario organizzato dal corso di Scienze dell’Educazione dell’Università di Urbino rivolto agli studenti del corso di “Progettazione dei servizi sociali ed educativi”.
Il Granello di Senapa, coordinamento tra Uffici pastorali ed Enti della Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, da 15 anni sta proponendo un progetto formativo sull’educazione alla mondialità e alla pace, in una logica di “pastorale integrata”, dove giovani in servizio civile e alcuni formatori progettano insieme attuando un percorso in cui il tema dell’incontro nella diversità si svela in tutta la sua ricchezza: questo ha prodotto migliaia di ore di formazione nelle scuole, nei gruppi e nelle parrocchie, attraverso l’incontro e il dialogo con bambini, ragazzi, insegnanti e genitori, educatori e professionisti, volontari, diffusi su tutto il territorio diocesano.
Un “modello pedagogico” che non punta soltanto all’acquisizione di nuovi contenuti o competenze, ma che richiama all’uguaglianza, evidenziando la bellezza delle diversità; tanti argomenti e stimoli di educazione, per aprire un dialogo, sviluppare un pensiero critico, accogliere dimensioni profonde della persona e sfide che investono l’intero globo.
Il tema della pace e del dialogo interreligioso coinvolge nel territorio della Diocesi di Faenza-Modigliana un variegato gruppo di realtà associative, movimenti, circoli, uffici pastorali la Caritas i quali, in collaborazione con l’Amministrazione comunale faentina e la Consulta del Volontariato, sono impegnati nella promozione di iniziative di carattere ecumenico e di incontro tra le sei comunità religiose presenti sul territorio, con particolare attenzione al rapporto tra cristianesimo e islam. “Le radici comuni: accoglienza e convivenza pacifica” è stato il titolo della XIV giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico svoltasi lo scorso anno; l’iniziativa, insieme ad altre che la città di Faenza propone sullo stesso argomento, vuole mettere l’accento sulla partecipazione attiva di ogni cittadino nella costruzione del bene comune verso il quale ognuno deve sentirsi responsabile. Anche l’occasione della Marcia della Pace, organizzata per celebrare la concomitante Giornata Mondiale, vuole essere un momento di relazione e di testimonianza concreta promossa da cittadini accomunati dal desiderio di far prevalere i valori di fraternità e di uguaglianza nei rapporti umani e di mettere in secondo piano l’elemento della diversità culturale e religiosa che, spesso, crea distanza e divisione. La Caritas introduce questi temi anche nel progetto “Proposte Diversificate”, sviluppato dalla Caritas Italiana, caratterizzato da un’ampia proposta di servizi che si pongono l’obiettivo della condivisione, dell’incontro e della testimonianza. Attraverso la partecipazione delle comunità di richiedenti protezione internazionale, si organizzano attività pratiche insieme ai giovani delle parrocchie; gruppi di ragazzi impegnati nelle attività di servizio e formazione con gli Uffici di pastorale giovanile, vocazionale e per i migranti favoriscono l’azione di sensibilizzazione rivolta alla comunità sul tema della prossimità e dell’incontro.
Tale azione diventa ancora più incisiva e viva testimonianza negli obiettivi del progetto nazionale di Caritas Italiana “Protetto – Rifugiato a casa mia” che si pone l’obiettivo di promuovere l’integrazione di persone beneficiarie di protezione internazionale utilizzando come strumento l’accoglienza che famiglie, parrocchie e istituti religiosi scelgono di offrire gratuitamente. Sono quattro (tre famiglie e una parrocchia) i “nuclei accoglienti” che si sono finora attivati. La Caritas faentina è impegnata anche nell’ospitalità di una cinquantina di profughi effettuata attraverso la disponibilità logistica di due parrocchie, un monastero e un’associazione missionaria che hanno voluto aderire all’appello di Papa Francesco. Parallelamente all’accoglienza, si articolano attività che favoriscono l’incontro e la socializzazione: un laboratorio teatrale a cui partecipano oltre ai profughi, cittadini autoctoni e stranieri residenti che prevede anche “spettacoli” di strada, servizi volontari di pubblica utilità, tirocini formativi nel settore agricolo, attività sportive.
Oltre ai richiedenti protezione internazionale accolti a Faenza, sono presenti altre comunità nei territori di Russi e Brisighella, due femminili, una maschile e un nucleo familiare; anche per questi la Caritas faentina è molto impegnata nel concretizzare azioni volte all’integrazione, in particolare per le donne che sono più esposte a situazioni di pericolo derivanti dal possibile coinvolgimento in forme di sfruttamento.
L’esperienza condotta nell’accoglienza dei profughi è diventata occasione di testimonianza rivolta soprattutto agli studenti delle scuole superiori, attraverso incontri su argomenti afferenti al tema della migrazione e dell’asilo.
Da alcuni anni nella Diocesi di Parma Caritas, Migrantes e Ufficio Missionario stanno collaborando per far conoscere il fenomeno migratorio sul proprio territorio, accogliere le comunità straniere sostenendole nel loro cammino di fede e favorendo la loro partecipazione nelle diverse parrocchie di appartenenza, sensibilizzare e animare le comunità parrocchiali affinché sappiano valorizzare la presenza delle persone immigrate.
Coordinando i propri ambiti di competenza, i tre uffici diocesani hanno elaborato iniziative con il coinvolgimento delle comunità etniche nella loro preparazione e realizzazione tra cui la Festa dei popoli, occasione diocesana di sperimentare concretamente l’incontro e l’unità della Chiesa, e alcune celebrazioni cittadine quali la Via Crucis e la festa del Patrono.
Un’attenzione particolare, inoltre, è rivolta ai “i giovani che nei prossimi anni avranno i nomi e i colori del mondo (…); che vogliono conoscersi, confrontarsi (…), instaurare un dialogo vero che crei relazioni di pace costruite e custodite in se stessi, sperimentate nei gruppi, nelle società sportive, negli oratori, nei luoghi di lavoro, negli incontri quotidiani, per diventare stili di vita e vera cultura del vivere umano e sociale”; questo, in sintesi, il messaggio che il Vescovo di Parma ha rivolto alla sua città con lo sguardo orientato alle nuove generazioni.
L’esortazione apostolica ha significato l’avvio di un scambio tra giovani studenti e migranti attraverso iniziative di conoscenza nelle scuole e nelle realtà di accoglienza, per favorire l’incontro e il dialogo, così come la proposta di esperienze associative che coinvolgono giovani immigrati in attività di volontariato.
Da oltre venti anni, la Diocesi di Rimini è impegnata nell’accoglienza dei migranti con l’obiettivo primario di rispondere alle necessità umanamente più impellenti di questi fratelli. Contemporaneamente, si è prodigata nel tentativo di far crescere una “cultura dell’accoglienza e dell’incontro” sia nell’ambito delle strutture caritatevoli e, più in generale, della comunità ecclesiale, sia all’interno delle istituzioni in qualche modo coinvolte dal fenomeno della migrazione e chiamate quindi a rispondere fattivamente ai bisogni delle persone che fuggono. In questo arco di tempo la Caritas e la Migrantes hanno avviato numerose esperienze, sia sul piano assistenziale e culturale, sia su quello della promozione del dialogo e dell’incontro tra le comunità straniere presenti nel territorio provinciale. Dal 2004 la Caritas diocesana collabora nell’attività della Casa dell’Intercultura di Rimini, insieme ad altre associazioni territoriali che si occupano di tutela dei migranti e ad alcune comunità straniere. In questo ambito si attuano progetti finalizzati al sostegno scolastico degli alunni stranieri attraverso doposcuola pomeridiani, incontri e testimonianze negli istituti secondari, laboratori di scrittura biografica; tra le iniziative interculturali “Interazioni” è quella più significativa: consiste in un “contenitore culturale” che si svolge ogni anno a giugno nell’arco di due settimane, in cui le componenti straniere creano occasioni di dibattito e approfondimento su alcuni temi connessi alla migrazione, spettacoli musicali, cineforum, stand gastronomici, rivolti a tutta la cittadinanza.
L’accoglienza dei profughi è uno degli ambiti in cui la Caritas si è più prodigata in questi ultimi anni. Oltre alla disponibilità di strutture dedicate all’ospitalità, grande impegno è stato profuso sul versante della sensibilizzazione delle comunità ecclesiali e civili sul tema dell’immigrazione e dell’asilo attraverso incontri pubblici, produzione di materiali video, programmi radio-televisivi, collaborazione con le scuole. Attualmente, nelle strutture gestite dalla cooperativa incaricata alla realizzazione dei progetti di accoglienza integrata sono presenti in totale 131 persone, provenienti soprattutto da paesi dell’Africa occidentale e del Medio Oriente Oltre all’adesione ai programmi ministeriali e alla collaborazione con le Amministrazioni locali, la Caritas ha avviato il progetto “Parrocchia accogliente” con l’obiettivo di coinvolgere il maggior numero di parrocchie nel reperire un appartamento per l’ospitalità di piccoli nuclei di profughi; l’aspetto gestionale e burocratico rimane in capo alla Caritas diocesana, mentre alla comunità ecclesiale spetta il compito di realizzare la loro inclusione nelle comunità ospitanti con il supporto dei volontari. Sono una quindicina le parrocchie che hanno avviato una riflessione per realizzare l’accoglienza dei profughi e cinque di queste le hanno già intraprese per un totale di 24 persone.
Infine, parallelamente alle azioni sopra descritte, è importante segnalare l’opportunità offerta alle famiglie riminesi dal progetto “Rifugiato a casa mia”, finalizzata all’accoglienza di un profugo al proprio domicilio; in questo modo è possibile vivere un’esperienza autentica di prossimità verso coloro che fuggono da situazioni di persecuzione o di violenza generalizzata, si favorisce la diffusione di rapporti positivi tra persone che possano aiutare a oltrepassare i muri della diffidenza e del pregiudizio, si coinvolgono le nostre comunità affinché divengano laboratori di un nuovo umanesimo, fatto non di divisioni e contrapposizioni, ma di incontri e relazioni. Sul fronte dei minori stranieri, la Caritas riminese ha realizzato due progetti: “Operazione Cuore”, di assistenza sanitaria, rivolto a bambini provenienti prevalentemente dallo Zimbabwe che presentano specifiche patologie all’apparato cardiaco; attraverso una consolidata collaborazione con l’Ospedale “Luisa Guidotti” di Mutoko, fondato dal medico missionario Marilena Pesaresi, ogni anno una ventina di piccoli pazienti vengono inviati in Italia con le loro mamme per essere seguiti da medici volontari presso strutture ospedaliere specializzate; la Caritas offre supporto logistico e burocratico ed è impegnata nella costante sensibilizzazione della cittadinanza sul progetto, con l’obiettivo di reperire la disponibilità di famiglie che desiderano ospitare i bimbi durante il periodo necessario per le cure; in quest’ottica vengono organizzati incontri rivolti alla città e occasioni di scambio tra l’Italia e lo Zimbabwe per coinvolgere medici e persone che offrono volontariamente la loro collaborazione alla missione.
L’altro progetto è rivolto ai bambini immigrati di “terza generazione” che frequentano le scuole elementari e medie inferiori di Rimini: il “Centro Educativo Caritas”, attivo da ormai quindici anni, realizza un servizio di sostegno scolastico, animazione, attività laboratoriale rivolto a una quarantina di ragazzi figli di immigrati provenienti da dieci paesi diversi. Il progetto prevede una sinergia con gli istituti scolastici frequentati dagli alunni attraverso l’organizzazione di incontri e testimonianze nelle classi sul tema dell’immigrazione e della diversità culturale, oltre ad attività che favoriscono il protagonismo dei giovani scolari stranieri. Oltre all’aiuto e all’assistenza, Caritas e Migrantes offrono agli immigrati l’opportunità di aderire a percorsi di catechesi e di partecipare a momenti liturgici. L’attività pastorale con gli immigrati si lascia guidare da due principi: aiutare le persone a inserirsi nella parrocchia del territorio di residenza e organizzare proposte diocesane di incontro e collaborazione concreta rivolte alle diverse comunità straniere.
Significative in questo senso sono la Mostra dei Presepi dal Mondo, alla quale partecipano una trentina di gruppi di immigrati presenti a Rimini, e la Messa dei Popoli che si celebra in occasione dell’Epifania, preparata e animata dalle comunità e presieduta dal Vescovo.
Incontro tra culture e attenzione ai giovani sono state le direttrici attraverso le quali, in questi ultimi anni, Caritas e Migrantes della Diocesi di Forlì-Bertinoro hanno attuato scelte mirate a sostenere la collaborazione tra immigrati, in particolare profughi ospitati nelle strutture di accoglienza, giovani in servizio civile e volontari.
Il progetto “Orti Sociali”, mirato al risanamento di terreni agricoli confiscati alla criminalità organizzata, ha coinvolto alcuni giovani migranti alla scoperta del mondo agricolo attraverso una formazione di base per l’utilizzo di utensili e piccoli macchinari, il ripristino di un terreno rimasto incolto da molti anni e l’allestimento di un orto per la coltivazione di ortaggi; l’esperienza ha permesso l’incontro con alcuni utenti disabili impiegati sul medesimo terreno mediante progetti di inserimento lavorativo.
L’attività di formazione linguistica dedicata ai profughi, svolta durante tutto l’arco dell’anno, è stata interamente realizzata da studenti universitari fuorisede, con la collaborazione di alcuni ragazzi che hanno svolto servizio civile presso il centro di ascolto diocesano.
Infine, un servizio di volontariato per il recupero, il restauro e la vendita di mobili usati il cui ricavato viene devoluto al finanziamento di alcune missioni presenti nei paesi di provenienza dei migranti coinvolti; l’attività è stata svolta in collaborazione con gruppi scout, persone che stanno svolgendo periodi di “messa alla prova”, lavori di pubblica utilità, giovani.
Il vivo interesse per la realtà giovanile ha dato avvio nel 2012 a una ricerca sulle seconde generazioni, per cercare di delineare un futuro di società ormai molto prossima e per aprire una riflessione sui “nuovi cittadini” forlivesi, partendo dalla scuola come luogo principale di incontro e crescita. Con la collaborazione offerta da alcuni docenti della Scuola di Scienze Politiche dell’Università di Bologna – Sede di Forlì, affiancati da un gruppo multiculturale di giovani ricercatori, sono stati scelti alcuni temi che potessero aiutare a comprendere la quotidianità più concreta nel vivere e nel sentire dei giovani, nelle relazioni tra coetanei, tra figli di migranti e forlivesi ‘doc’, nei rapporti in famiglia e tra generazioni, nel rapporto con la città e il suo grado di accoglienza, nella proiezione sul futuro. Ne è scaturito un quadro in cui “la vita cittadina appare segnata da chiusure, spinte individualistiche e deboli capacità di comunicazione e interazione, con una difficoltà da parte dei giovani nel definire, far propria e ‘frequentare’ la vita pubblica, con il venir meno delle sedi e dei luoghi del vivere associato, che possano garantire una relazione di convivialità”.
Il “cosa fare…?” richiama allora con forza l’importanza dell’azione, sia della comunità cittadina che delle istituzioni. Fermo restando che la scuola rimane il contesto fondamentale per l’integrazione e il primo luogo pratico di “meticciato”, di sperimentazione delle convivenze e incubatore del nuovo volto di società e di città che sta prendendo corpo, è necessario, laddove appare indebolita la nostra capacità di favorire l’incontro e di rimuovere il pregiudizio, assumere come cittadini responsabili e come cristiani il coraggio di abbattere i muri della paura e della diffidenza in ogni ambito della nostra vita, in famiglia, nei luoghi di lavoro, nelle relazioni sociali, nella vita pubblica, scegliendo la strada della conoscenza e della fiducia verso il prossimo che, non senza difficoltà, può agevolare il processo di integrazione tra persone che appartengono a mondi ancora troppo distanti, in particolare quello dei migranti giunti in questi ultimi anni nel nostro Paese dall’Africa occidentale e dal Medio Oriente.