Non si può cambiare il mondo da soli

Le ragazze dell’AMI: Federica e Laura

Quest’anno per la prima volta l’AMI (Associazione Amici Mondo Indiviso) ha attivato due progetti di Servizio Civile in collaborazione con Caritas. A settembre Federica è entrata in servizio con un progetto di Servizio Civile Nazionale della durata di un anno. Laura invece ha cominciato a Ottobre con un progetto di Servizio Civile Regionale della durata di nove mesi. Siamo entrambe accompagnate in questa esperienza da Debora come nostra responsabile. I nostri compiti sono spesso diversi, ma in alcune attività collaboriamo. Federica si occupa principalmente di mantenere aggiornati i membri dell’AMI tramite la Gimanews settimanale e gli appuntamenti mensili AMI; insieme all’aiuto di Anna (membro AMI) ha iniziato a occuparsi anche dei sostegni Tanzaniani, Eritrei e Indiani oltre che pensare ai ringraziamenti per i vari donatori. Cambiando ambito, Federica ha iniziato un lavoro di archiviazione delle foto storiche e recenti dell’AMI. Infine, tra i suoi compiti, c’è anche l’accompagnamento e l’organizzazione di un gruppo di preparazione missionaria rivolto ai giovani; per far conoscere la realtà dell’AMI, nei mesi passati ha fatto molti incontri e testimonianze nelle scuole primarie e secondarie di Faenza. Laura si occupa perlopiù della parte informatica dell’ufficio: a Marzo è diventato attivo un nuovo sito per Amici Mondo Indiviso e momentaneamente si occupa della sua gestione e aggiornamento. Oltre a questo, per tenere aggiornati tutti gli amici dell’AMI, gestisce una newsletter e collabora all’aggiornamento della pagina Facebook. Per concludere, nei restanti mesi prima della fine del servizio, cercherà di organizzare la biblioteca (quasi conclusa) e la videoteca AMI. Oltre a queste mansioni distinte per il tipo di progetto, ci sono anche alcune attività che svolgiamo insieme, soprattutto quelle in collaborazione diretta con Caritas e con eventi diocesani (Settimana del dialogo Inter-religioso, Marcia della Pace). Alcuni esempi sono i laboratori nelle scuole superiori, “Giovani Sguardi”, rivolti a informare i giovani riguardo al fenomeno migratorio, e l’organizzazione della Fiera del Baratto. Vorremmo entrambe consigliare quest’esperienza a chi non sa bene che cammino intraprendere perché è stato un anno arricchente sotto diversi punti di vista. Abbiamo avuto l’occasione di fare chiarezza su quello che vorremmo dal nostro futuro grazie anche alla possibilità di scambio e condivisione con gli altri ragazzi in Servizio Civile.

Le ragazze dell’Ass. Francesco Bandini: Sara e Lucia

Ciao, noi siamo Lucia e Sara e abbiamo scelto di spendere un anno della nostra vita come servizio civiliste. Da settembre svolgiamo servizio presso la struttura “Il Giardino dell’Ospitalità” dell’Associazione Francesco Bandini che ospita donne e madri in difficoltà con minori a carico. In questi mesi non abbiamo guadagnato molti soldi, non abbiamo acquisito un titolo accademico e non ci siamo garantite un posto di lavoro. Ma sapete cosa? Non era quello che ci aspettavamo da questa esperienza, o almeno, non in questo momento. Dopo quasi 8 mesi di servizio alle spalle ci sembra doveroso presentare a noi stesse, e a chi legge, la realtà. Che di soldi, di fama o di fiducia cieca nelle nostre capacità ne abbiamo ottenuti ben pochi, ma qualcosa in noi è decisamente cambiato, è cresciuto, si è arricchito. Torniamo a casa dopo aver stretto relazioni umane, con nuove consapevolezze e talvolta competenze che mai avremmo raggiunto ferme sui libri o tra i banchi di scuola. Torniamo a casa ogni giorno coscienti di non aver fatto altro di ciò che ci è richiesto di fare, anzitutto come donne appartenenti al genere umano, poi come cittadine di uno stato e infine come servizio civiliste. Torniamo a casa sapendo che la salvaguardia della persona umana, la cura e il sostegno di chi, nella vita, ha incontrato qualche disagio, è compito di ognuno di noi; di chi, come noi, incontra ogni giorno persone alle quali stare vicino, con le quali camminare in una relazione di dono e ricezione reciproci. Ma torniamo a casa anche sapendo che la scelta di dedicarvi un intero anno, a questi incontri, è dura, è strana, ma è anche forte. Vuol dire provare a lasciare un segno irriconoscibile in una società consumista. Vuol dire fermarsi ad aspettare chi è stato lasciato indietro. Vuol dire non accettare più che le ingiustizie passino inosservate. Vuol dire adottare un atteggiamento pacifico per difendere diritti spesso negati con la violenza, l’omertà e con l’egoismo.

Le ragazze dell’Ufficio Educazione alla Mondialità: Laura, Ludovica, Valentina e Ylenia

Ciao, siamo Laura, Ludovica, Valentina e Ylenia, e abbiamo 96 anni in quattro.

Ci siamo incontrate all’interno dell’Ufficio di Educazione alla Mondialità tramite diversi progetti: Valentina e Ludovica con “Nuove Cittadinanze”, Ylenia con “Peace Maker” e Laura con un tirocinio formativo. Siamo coinvolte in attività comuni come la preparazione di ‘giochi’ e materiali da utilizzare nei laboratori delle scuole elementari, medie e superiori; aiutare nell’organizzazione di eventi quali Dialogo Interreligioso, Festival della Comunità Educante, Fiera del Baratto. Inoltre Ylenia è impegnata nel seguire il progetto rivolto alle persone anziane della nostra comunità attraverso visite a domicilio e laboratori settimanali presso la parrocchia di San Marco. Laura invece affianca alcuni volontari nella gestione degli Oratori Fuori Classe a Santa Maria Maddalena e ai Cappuccini, dove i ragazzi delle scuole medie inferiori passano i pomeriggi tra compiti e attività volte all’apprendimento del vivere il gruppo. Non mancano momenti di ritrovo, anche con tutti gli altri ragazzi in servizio civile presso le altre sedi Caritas: pranzi comunitari, merende, ore di formazione e incontri educativi ci hanno permesso di affrontare il nostro percorso con maggiore consapevolezza, ma anche con allegria e divertimento. I motivi per cui ognuna di noi ha scelto di intraprendere quest’esperienza sono svariati e diversi, ma quello che ci accomuna è: la voglia di passare il nostro tempo insieme e sostenerci sia nelle attività strettamente lavorative sia nel nostro vissuto personale.

Le ragazze di S.Domenico: Giorgia e Ilenia 

San Domenico è una struttura di accoglienza dedicata alla ricezione e al sostegno di donne (e, se li hanno, figli) in situazioni di disagio abitativo e/o multiplo. Noi servizio civiliste Giorgia e Ilenia abbiamo aderito al progetto “Casa Dolce Casa” all’interno del quale S. Domenico è la struttura attorno cui il nostro servizio orbita.

Siamo due ragazze di 27 anni, entrambe laureate e con un percorso accademico inerente ad alcune delle aree sociali di cui Caritas e Associazione Farsi Prossimo si occupano. La nostra è stata una scelta ponderata e meditata, nel senso che non è stata una decisione presa di getto o di ripiego come quella che si può prendere appena usciti dalle superiori. Per noi significava aggiungere un tassello al mosaico della nostra formazione professionale, soprattutto sotto il punto di vista esperienziale, quello in cui finalmente ci si “sporca le mani”. Senza negare che  il rimborso mensile previsto per il servizio abbia rappresentato un ulteriore valore aggiunto. Durante i primi mesi abbiamo svolto le attività per lo più all’unisono, ma presto ci è stato possibile differenziarci e seguire ognuna un percorso più personalizzato, in base alle nostre competenze e ai nostri interessi. Non abbiamo, tuttavia, abbandonato la linea di lavoro condivisa che tiene le fila del progetto, e ciò è stato possibile anche grazie al prezioso aiuto della nostra responsabile, Alice. Grazie a quest’esperienza stiamo imparando a misurarci con i nostri limiti e le nostre forze, a “tuffarci” in mondi prima da noi inesplorati, a metterci in gioco e a liberare parti del nostro carattere che mai avremmo voluto mostrare, ad affinare le nostre capacità relazionali, a cogliere la bellezza e la ricchezza dei rapporti umani ma anche il loro lato meno comprensibile e non sempre facile da gestire.

I ragazzi del Centro di Ascolto: Aliguetou, Anna Giulia, Fatima, Francesco, Gabriele, Matteo, Nicola, Nicolò e Silvia.

Per me il Servizio Civile è stata un’esperienza molto bella, accogliente, educativa e divertente. In Caritas non c’è differenza tra le persone, non importa da che paese vieni o qual è la tua religione o il colore della tua pelle. Sono molto felice che ci sia la Caritas e il Centro d’Ascolto, per l’impegno che le persone mettono per dare il sorriso alle persone bisognose. Il Servizio Civile mi è servito a crescere e a vincere la timidezza. Ho imparato a dire quello che penso e a parlare anche con persone che non conosco bene. In Caritas ho capito tante cose: non sapevo che ci fossero così tante persone con bisogni diversi (la doccia, la mensa, ecc.). Non me lo aspettavo così, di trovare disponibilità e ascolto. (Aliguetou)

Svolgo Servizio Civile Regionale presso il Centro di ascolto della Caritas diocesana di Faenza. Ho scelto servizio civile, e in particolare questo specifico progetto, dopo essermi laureata in Servizio Sociale proprio per confrontarmi con la realtà di Faenza,  conoscere il territorio, le risorse e i soggetti che operano in risposta ai bisogni della popolazione. Ogni giorno metto alla prova le mie capacità, le mie conoscenze ed anche le mie emozioni nelle varie attività proposte dal progetto. Reputo quindi questa esperienza molto importante per me stessa, per la mia crescita personale ed esperienziale ma anche per gli altri perché mi ritengo parte di un “piccolo mondo” che offre una risposta concreta ai bisogni delle persone, persone spesso fragili che hanno la necessità di un aiuto per superare loro condizione di disagio operando, però, sempre attraverso l’autodeterminazione della persona, l’empatia e non tramite risposte assistenziali. Penso che il servizio civile sia un esperienza e un’opportunità importante da saper cogliere, infatti sta a noi stessi scegliere quanto e come mettersi in gioco. (Anna Giulia)

Mi chiamo Fatima Zahra e da quasi sette mesi vivo l’esperienza del Servizio Civile Regionale in Caritas, all’interno del Centro di Ascolto. Ho scelto e conosciuto questa esperienza tramite il Centro per l’Impiego di Faenza. È un progetto che mi impegna nel contatto con gli altri in diverse realtà, e un’occasione per nuovi obiettivi e nuovi ritmi di vita. Il mio progetto dura nove mesi, ma ogni giorno è diverso e nuovo, e questo mi piace molto. Sono impegnata in alcune ore della giornata in varie attività, a seconda delle esigenze. Sono oltre la metà del mio percorso e posso dire che sono soddisfatta del progetto che ho scelto. Cosa mi ha dato quest’esperienza fino ad oggi? Sicurezza, tanto impegno, partecipazione ed energia da mettere in campo.

Spesso quando mi trovo a rispondere alla domanda dei miei amici che mi chiedono “Ma quindi cosa fai a Servizio Civile?” fatico a trovare le giuste parole e il più delle volte propendo per un ben più saggio silenzio. Ciò che mi mette in crisi è il verbo: “fare”. Spesso vorrei correggere la domanda con il verbo “apprendere” o, meno retoricamente, “sperimentare”. Ho intrapreso questo percorso senza sapere a cosa sarei andato incontro, cosa avrei trovato lungo il cammino e cosa avrei appunto “fatto” quotidianamente. E col passare dei mesi, ora che il mio servizio sta volgendo al termine, mi sono reso conto che il mio fare Servizio non è mai stato solo un puro aiuto concreto, ma che la sua vera essenza era nascosta nel continuo sperimentare. Mi è sembrato come di vivere in un laboratorio, dove su un versante poter offrire alla comunità parte delle mie risorse, mentre sull’altro poter vedere con spirito critico come reagivo a ogni situazione che mi si presentava davanti, poter scoprire come la mia persona si muoveva all’interno di contesti ogni giorni differenti. Questa ricchezza di momenti e la varietà di casi da gestire non solo mi hanno fatto scoprire che chi vuole può fare del bene perché c’è una rete di persone che cooperano per tale scopo (cosa che, prima del mio servizio, mi era totalmente sconosciuta) senza la quale si è impotenti davanti ai bisogni del prossimo, ma mi hanno anche permesso di imboccare un’autostrada per la mia crescita personale e per l’esplorazione di parti di me ancora latenti. Ed è per questo che forse la risposta migliore da dare al mio amico che continua a farmi la stessa domanda è quella di dirgli “Fallo anche tu e poi dimmi”, perché ogni percorso di Servizio Civile, per usare il verbo che tanto mi mette in crisi, ti “fa fare” la tua esperienza. E questo non me lo sarei mai aspettato. (Francesco)

Sono entrato al Centro di Ascolto della Caritas di Faenza in punta di piedi, cercando di capire più cose possibili in modo da comprendere quale potesse essere il miglior modo per adattare la mia personalità alle esigenze dell’ente. Ma man mano che passavano le settimane ho capito che questa esperienza avrebbe avuto un senso solo se non avessi nascosto nulla di me stesso, anche rischiando di non piacere a tutti. Il Servizio Civile per me è questo; la possibilità di essere se stessi, condividendo ogni singolo aspetto della realtà del Centro di Ascolto in perfetta sintonia con operatori e volontari senza percepire nessuna differenza tra me e loro e imparando tantissimo da chi la realtà di questo Ente l’ha vista addirittura nascere. Sono dell’idea che il Servizio Civile in Caritas meriterebbe un capitolo a parte rispetto agli altri progetti, perché qui il coinvolgimento emotivo e la gestione delle proprie emozioni esercitano un ruolo fondamentale, e la condivisione delle diverse aspettative e obiettivi con i compagni è qualcosa ce anima le giornate e serve a rendersi conto che più sono diversi gli stimoli di ognuno e più un gruppo diventa unito e vincente grazie alla somma della forza messa in gioco. Io personalmente ho visto insediarsi i vari servizi nella nuova struttura e quasi mi commuovo pensando a com’era quando sono arrivato; spoglia e grezza; e come è adesso a distanza di pochi mesi. Trovare una mancanza è quasi impossibile e i muri sono già saturi di storie, emozioni e anche lacrime. Non sono certo mancati i momenti di divertimento e di svago assieme ai miei compagni di Servizio Civile che non hanno fatto altro che rendere questa esperienza ancor più avvincente e carica di consapevolezze di tirar fuori un giorno, quando questa esperienza sarà un dolce ricordo da conservare come solo le cose che ti hanno colpito più nella vita e che rimangono dentro di te. (Gabriele)

Da novembre 2015 sto svolgendo Servizio civile presso il Centro d’ ascolto della Caritas a Faenza, e devo dire che questa esperienza di sta rivelando positiva su molti aspetti. Il Servizio Civile secondo me è utile sia dal punto di vista professionale che sociale. Professionale perché durante questo periodo acquisisci nuove potenzialità e qualità lavorative che prima non sapevi di avere oppure le avevi solo in parte. Sociale perché dai un contributo notevole alla comunità intorno a te, conoscendola meglio e rendendoti conto dell’ambiente circostante. In questi mesi di servizio ho avuto modo anche di stringere amicizia con persone di cultura diversa dalla mia, ci siamo scambiati idee, loro mi hanno raccontato la loro storia e tutto questo l’ho trovato molto interessante ed educativo. Grazie a questa esperienza sto capendo sempre di più la società e le persone della società in cui vivo, è un occasione che mi sta aiutando a mettermi alla prova e a superare diverse difficoltà, a migliorare nei rapporti umani e relazionarsi con gli altri in maniera efficace e produttiva, aiutandomi anche molto a crescere e prendere responsabilità verso le persone, sia verso l’attività svolta Secondo me il Servizio Civile è un’opportunità per noi stessi in quanto sviluppiamo nuove potenzialità, sia per quelle persone alle quali ci relazioniamo durante il nostro servizio, è un’esperienza che consiglio a tutti, che può farci vedere il mondo da un punto di vista diverso. (Matteo)

Mi chiamo Nicola, ho 27 anni e ho deciso di impegnare un anno della mia vita nell’esperienza del Servizio Civile, all’interno del Centro di Ascolto diocesano della Caritas. Durante questo anno, ho imparato che la costituzione italiana riconosce il Servizio Civile come un’azione di “difesa della patria”. Per me, è l’opportunità di dedicare un anno della mia vita a prendermi cura delle persone e dell’ambiente che incontro nel mio agire, ogni giorno. Questa è la mia esperienza personale di “difesa della patria”. Al Centro di Ascolto ho avuto modo di incontrare, conoscere e fare parte di una comunità che si prende cura di alcuni suoi membri che attraversano un periodo di bisogno e di povertà. È un “prendersi cura” che non vuole mai sostituirsi alla persona nelle decisioni sulla propria storia e sul proprio benessere. Durante questo anno, ho imparato che ascoltare la storia e l’esperienza di un’altra persona viene prima di qualsiasi altra forma di aiuto. Ho imparato che, quando vedo qualcosa di ingiusto o di “sbagliato” nel mondo, se non sono io il primo a mettermi in discussione per cambiare il mio comportamento e il mio stile di vita su quell’argomento, la mia indignazione e protesta avranno poco valore. Ho imparato che è bene e bello saper chiedere aiuto quando se ne sente il bisogno, lasciando l’interlocutore libero di rispondere. Ho imparato che sono le piccole e semplici azioni di ogni giorno a fare la differenza.

Se dovessi riassumere la mia esperienza in Caritas con una parola, sceglierei “incontro”. Incontro perché sono venuto a conoscenza di una realtà che ignoravo: una realtà di bisogno, assistenza e carità. Incontro perché ho parlato con persone tutte diverse fra loro, e diverse per cultura e provenienza. Incontro perché ho potuto apprendere varie cose di queste culture, facendo tesoro di tutto ciò che scoprivo. Non è stato semplicemente un tirocinio, ma un servizio vero e proprio a tutta la comunità più bisognosa della mia città. Ho sentito i problemi ed i drammi di molte persone, conoscendone alcune che nonostante tutto rimanevano ottimiste…e mentre le ascoltavo, pensavo “che grande forza di volontà”. Ho anche imparato varie nozioni molto interessanti in fatto di immigrazione, tema molto centrale oggigiorno.Questa esperienza di 6 mesi è stato un Incontro molto importante per la mia vita. (Nicolò)

 Il mio Servizio Civile Regionale, un’esperienza di otto mesi, è vicino al concludersi. Il tempo è volato tra un impegno e l’altro e mi intristisco a pensare che il Servizio sarà finito a breve. E pensare che firmai il contratto d’istinto, quasi senza pensare, spinta dal cercare qualcosa, un scopo, un utilità alla fatica. È stato un percorso utile, utile e molto formativo. Persino più formativo di altre esperienze formative precedenti – esperienze che avrebbero dovuto avere la E maiuscola. Il Servizio Civile tanto ti chiede e tanto di dà: il tempo che hai dato e la maturità che ti è stata insegnata, l’impegno per adeguarsi ad una situazione variegata e la capacità di adattamento che ne hai ricavato, la fatica per abbracciare l’ampio ventaglio di persone che hai incontrato e la pazienza  che hai imparato. Servizio Civile è guardarsi attorno e prendere atto che sei parte di un gruppo ‒ un paese, uno stato, una società. E fare parte di un gruppo porta diritti e doveri. Servizio Civile è rimboccarsi le maniche, fare un bel respiro e scoprire che ce la possiamo fare. È  scoprire che “non puoi cambiare il mondo da sola” è la verità, ma non è una scusa. È scoprire che hai un senso, un’utilità: quello che fai, le tue energie e il tuo tempo, servono a qualcosa – magari a qualcuno che domani starà un po’ meglio di oggi – e, contro ogni brutto luogo comune, non è solo una frase fatta. (Silvia)

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