“Medaglie spezzate” 7° dossier Povertà Emilia Romagna

Il 20 ottobre alle ore 10.00, presso la Veritatis Splendor a Bologna, è stato presentato il settimo Dossier statistico sulle povertà redatto dalla Delegazione Caritas Emilia Romagna.

Perché “Medaglie spezzate”?

Il titolo di questo Rapporto fa riferimento al discorso di Papa Francesco in occasione del V Convegno ecclesiale di Firenze, dove ha invitato tutti i cristiani ad essere una Chiesa Madre, capace di accogliere tutti quei figli rimasti orfani, poveri, soli, abbandonati con una medaglia spezzata in mano, nella speranza di ritrovare la propria madre, con l’altra metà della medaglia in mano, in momenti più favorevoli.

Il Rapporto ha il desiderio di conoscere e far scoprire chi sono i poveri in Emilia-Romagna e vedere come e se la Chiesa è riuscita ad essere una comunità capace di accogliere e accompagnare le persone nel percorso della loro vita come una madre.

Sono intervenuti: Sauro Bandi, delegato Caritas dell’Emilia Romagna, l’economista Guido Caselli, che ci ha accompagnato in una interessante riflessione sulla situazione socio – economica attuale, Simona Melli sociologa del Centro Ferrari, che ci ha presentato i dati longitudinali sulle povertà, raccolti dai Centri di ascolto Diocesani dell’Emilia Romagna, Isabella Mancino Referente degli Osservatori Caritas, che ci ha illustrato come Caritas risponde a queste situazioni di povertà. Sono stati con noi anche Mons. Matteo Maria Zuppi e  la Vice-presidente della Regione Elisabetta Gualmini che nella parte finale del convegno hanno iniziato un dibattito rispondendo alle domande della moderatrice Simona Mulazzani.

Un’occasione preziosa per fermarsi a riflettere e analizzare come la povertà è cambiata negli ultimi dieci anni, con uno sguardo attento  rispetto ai cambiamenti, per cogliere le nuove prospettive.

è possibile consultare i materiali e leggere il dossier sul sito: www.report-er.it

Riportiamo l’intervento di Isabella Mancino, referente osservatori per la Delegazione Regionale Caritas

Come interviene la Caritas di fronte a situazioni di povertà?

intervento di Isabella Mancino (ref. Osservatori Caritas Emilia-Romagna)

Compito principale della Caritas è quello di educare l’intera società ai valori dell’accoglienza e della solidarietà; spesso la Caritas viene considerata come un ente assistenziale, in realtà il suo compito è principalmente pedagogico e utilizza un metodo ben preciso: ascoltare, osservare, discernere per animare e agire. Metodo che non intende essere applicato solo sulla singola persona o famiglia, ma anche sulla comunità stessa in cui la Caritas vive, nel proprio territorio.

Come abbiamo visto la povertà è cambiata e continua a cambiare, quindi anche le azioni delle Caritas si sono a loro volta modificate e hanno visto un coinvolgimento sempre più attivo di tutti gli attori sociali.

Nel Rapporto sono approfonditi in particolare cinque tematiche: lavoro, salute, anti-spreco alimentare, accoglienza dei profughi e rapporto tra Caritas e Servizi sociali. Argomenti di grande attualità, sui quali le Caritas, soprattutto negli ultimi anni, si sono molto interrogate.

  • Rispetto al tema del lavoro sono nati progetti innovativi che vedono le Caritas impegnate nell’inserimento di soggetti fragili in attività lavorative, attivazione di tirocini, convenzioni con datori di lavoro, voucher, ma anche corsi di formazione professionale e soprattutto coinvolgimento di tutto il territorio nell’attenzione e nell’integrazione occupazionale di coloro che troppo spesso vengono lasciati ai margini. Sono oltre 450 le persone che in Emilia-Romagna hanno trovato occupazione grazie ai progetti attivati dalle Caritas diocesane.

Questi progetti ci riempiono di gioia perché il lavoro dà dignità, ricostruisce e fortifica l’autostima, permette di ripartire e progettare un futuro di dare sostegno alla propria famiglia.

Per comprendere meglio alcuni di questi progetti guardiamo ora un video, realizzato nella Caritas diocesana di Piacenza dal titolo “Lavor-io”.

  • Il tema della salute è emerso perché negli ultimi anni sono aumentati i casi di famiglie costrette a scegliere se pagare la bolletta o curarsi e soprattutto perché in Italia ci sono ancora persone che non godono del diritto universale alla salute (italiani privi di residenza anagrafica, comunitari con tesserino sanitario scaduto, immigrati che non sono riusciti ad ottenere il tesserino STP o ENI).

La privatizzazione delle Aziende Sanitarie ha inoltre creato degli squilibri tra Nord e Sud, ma anche tra Emilia e Romagna. Sono quindi nati, o si sono intensificati, ove già presenti, ambulatori sociali, che vedono impegnati medici, infermieri e farmacisti. Da una veloce indagine che potete leggere con attenzione nel Rapporto, emerge che gli ambulatori dell’Emilia sono in possesso di convenzioni con l’Ausl e riescono a realizzare percorsi di tutela sanitaria e cura importanti, come quello che vedremo tra poco nel video di Ferrara, gli ambulatori della Romagna, invece, sono sprovvisti di convenzione e quindi i medici che svolgono attività di volontariato non sono autorizzati a fare ricette, creando non poche situazioni di disagio.

  • L’attenzione allo spreco del cibo e ad una equa distribuzione di questo su tutto il territorio, ha fatto sorgere progetti innovativi come gli Empori solidali (tipo di supermarket dove è possibile fare la spesa senza soldi, con criteri di accesso ben definiti), ma anche dispense solidali (ove si recupera cibo già cotto e si redistribuisce a domicilio).

Quando si parla di cibo spesso si pensa solo ai destinatari, cioè a coloro che ricevono gli alimenti, è invece importante, soprattutto in questa sede, ricordare anche i circuiti di solidarietà che innesca il cibo, le raccolte alimentari sono segni educativi concreti molto importanti perché: spesso vedono il coinvolgimento dei giovani nella fase di raccolta e attivano anche persone che non hanno mai fatto volontariato, in più stimolano coloro che fanno la spesa a riflettere su ciò che comprano e a ricordarsi che anche nella propria città esistono persone che non sanno cosa mettere in tavola.

Altro fattore molto importante è che sul territorio regionale molti progetti sono stati il frutto di sinergie tra varie associazioni, spesso coordinate dai Centri Servizi per il Volontariato, quindi una crescita di collaborazioni e cooperazioni, di cittadini attivi, disponibili a spendersi per i più poveri.

Ora vedremo un progetto particolare, nato nella Diocesi di Bologna, denominato “dispensa solidale”.

  • L’accoglienza dei profughi è un tema ampiamente dibattuto a livello nazionale, ma anche regionale; non tutte le Caritas svolgono accoglienza allo stesso modo, alcune hanno dato disponibilità all’accoglienza per progetti di emergenza, altre anche, o solo per progetti di più lunga durata che prevedono, tra l’altro, istruzione e orientamento lavorativo, quali SPRAR, PRO-TETTO.

In tutti i Centri di Ascolto si sta registrando un aumento di profughi che, terminati i progetti, pur avendo ricevuto un Permesso di Soggiorno, non sanno dove andare e a chi chiedere aiuto. Le strade di intervento da percorrere sono ancora tante e lunghe, ma quella nella quale si è tutti concordi è che per fare accoglienza è necessaria l’integrazione in tutte le realtà del territorio, infatti stanno nascendo progetti di accoglienza di piccoli gruppi, in parrocchie, famiglie o gruppi di famiglie. Progetti che vedono coinvolte scuole, sport, datori di lavoro, parrocchie, associazioni… e che danno ottimi risultati. Un esempio è quello che vedremo adesso nella Diocesi di Rimini che, accogliendo l’appello di Papa Francesco di diventare parrocchie accoglienti, ha attivato progetti di integrazione diffusa sul territorio, attraverso l’accoglienza di piccoli gruppi di profughi nelle comunità parrocchiali.

  • Rispetto al rapporto tra Caritas e Servizi sociali non ci è sembrato significativo fare un video, ma preme comunque fare emergere i risultati di una breve indagine che abbiamo svolto interrogando le diverse Caritas diocesane. È emerso che i rapporti tra assistenti sociali e operatori dei Centri Ascolto sono constanti per quel che riguarda soprattutto i singoli casi, mentre non sempre sussistono convenzioni o progetti specifici che permettano una continuità e una vera e propria collaborazione di più ampio respiro. La nascita delle equipe multidisciplinari per l’attivazione di misure a contrasto della povertà come SIA o RES, non ha purtroppo riscontrato le aspettative di una maggior integrazione tra pubblico e terzo settore, resta piuttosto più usuale la strada della delega.

 

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